Prosciutto, perexsuctum. ‘Prosciugato’, in latino.
Questo capolavoro dell’agroalimentare italiano da un punto di vista puramente tecnico è il risultato di un processo di stagionatura, ovvero disidratazione, della coscia di maiale.
Si tratta di una tecnica di derivazione etrusca, atta a conservare grandi pezzi di carne a lungo, tramite salatura.
Attenzione, però: il prosciutto crudo si ottiene solo dalla parte superiore della coscia del maiale. Il pezzo di crudo proveniente dalle zampe anteriori si chiama spalla, ed è organoletticamente inferiore (e non di poco).
Molti i prosciutti crudi italiani di alto livello, che differiscono per lievi caratteristiche. Insomma, la carta di identità di un buon prosciutto italiano (nei fuoriclasse iberici l’identikit cambia) è trasversale, e riassumibile più o meno così:
- il grasso deve essere bianco chiaro. La presenza di colori che virano verso il giallo indica irrancidimento;
- la marezzatura, ovvero la presenza di venature grasse nella carne, deve essere presente, ma limitata;
- il colore della carne sarà uniforme. Avete presente i prosciutti fatti in casa, che spesso sono più scuri al centro? Saranno pur genuini, ma male stagionati (pensateci, sono mollicci e sanno un pò di sangue);
- sempre sul colore: quello giusto è rosso rosato tenue e, soprattutto, opaco. Una tinta lucida – apparentemente attraente – indica invece la presenza di coloranti e conservanti. Proprio come con il gelato (lo sapevate? I migliori gelati hanno tinta opaca);
- la fetta di prosciutto avrà consistenza media: né molle, né legnosa;
- capitolo odori. Facilissimo: il profumo deve essere attraente. Un grande prosciutto ha una nota centrale di carne salata, poi di frutta secca data dalla maturazione, e una lieve di spezie, presenti nella sugna (che è l’impasto grigio chiaro utilizzato a sigillare il prosciutto nel lato dove è stato separato dal resto del corpo), che viene preparata secondo ricette che variano da zona a zona;
- Niente pelliccia, cuoi, sangue, menchemeno mangime. Tutti odori riconducibili a scarsa qualità. Delle carni e della lavorazione.
E veniamo alla nostra beneamata Pesca Saturnia ®. La finezza richiede un accostamento ad un prosciutto fine (escluderemmo dunque i pur eccellenti Toscani, Norcini, delle Nebrodi) ma saporito (dunque nemmeno il Parma).
Insomma, a nostro parere il migliore Prosciutto crudo da avvicinare alla Pesca Saturnia ® è il San Daniele.
L’aroma è delicato e diventa più intenso con il protrarsi della stagionatura.
Si possono riconoscere sfumature tostate (crosta di pane), note di frutta secca e malto d’orzo. Il sapore è delicato, la sapidità e gli aromi tipici della carne stagionata si fondono insieme producendo una piacevole e appagante sensazione in bocca. Alla masticazione la fetta è tenera, si scioglie in bocca.
A nostro parere, una sponda perfetta per la Pesca Saturnia ®.
E buon appetito (e vedete di non abbuffarvi, come abbiamo fatto noi…)
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